ALIENO DA MARTE
“Salve,
sono Myrko, benvenuto all’agenzia Viaggi Interplanetari, come posso
aiutarla?”.
“Buongiorno,
aspetti che imposto il traduttore automatico. Ecco perfetto, menomale
che esiste perché non sarei riuscito a dire altro. Su Marte ci
insegnano solo una frase di presentazione, ma me la sono dimenticata.
Sono qui per valutare un viaggio interplanetario”.
“Perfetto,
potrebbe cortesemente compilare questo questionario? Ci aiuterà a
trovare l’operatore più adatto a lei, che l’accompagnerà in
questo viaggio”.
“Sa,
non è il primo pianeta che visito, è il quinto, ma mi è stato
consigliato perché è l’unico ad impiegare ancora umani per
lavorare, e non antipatici robot”.
Questo
parla troppo. Mi sono perso nei miei pensieri appena ha iniziato. Tra
l’altro il suo traduttore deve essere rotto, perché invece che
parlare Italiano con un accento italiano, lo sta parlando con un
accento francese. Ah! Quanto odio la “r” moscia. Però bisogna
essere felici e sorridenti quando qualcuno viene in agenzia, quindi
devo sfoggiare il mio sorriso migliore e usare la tattica
dell’annuire a qualunque cosa mi venga detta. Altrimenti la paga me
la scordo! Fortunatamente sono in accoglienza e non devo fare la
guida… Menomale ha finito.
“Ecco
tenga a lei il questionario, mi ha fatto piacere poter dialogare con
lei”.
Mentre
gli mostro la sala d’attesa continuo a sorridere. Sono sicuro che
mi abbiano assunto solo per la mia capacità di nascondere il mio
totale disinteresse. Il computer fa un rumore. I Risultati del
questionario dicono che la guida compatibile è Electra. Quanto mi
dispiace…
La
chiamo sulla linea privata perché Wanda sta usando il telefono dalla
sede distaccata in Islanda per parlare col suo moroso. Mi risponde al
terzo squillo: “Ehi Myrko, perché mi chiami sul privato? Ah no,
aspetta, Wanda sta ancora usando il telefono?”
“Già.
C’è un marziano che vuole visitare la Terra. Sei uscita tu,
condoglianze. Parla in continuazione, penso sia logorroico”.
“Un
po' di voglia di vivere non ti farebbe male ragazzo, comunque in che
sala è?”
“Ho
sonno Ele. Ti aspetta nella M2”.
Entro
in sala d’attesa e trovo un marziano che parla con l’attaccapanni,
forse Myrko aveva ragione.
“Buongiorno.
Io sono Electra e l’accompagnerò nella visita”.
“Mi
dia pure del “tu” signorina. Posso farlo anche io? Spero di sì.
Amo come vi vestite voi umanoidi. Mi piace il colore della vostra
pella. Chi ce l’ha rosa, chi nera, ma cosa succede se fanno un
figlio due persone con la pella diversa?”. “Pelle, non pella,
comunque non succede nulla, è sempre umano. Possiamo partire? Una
Jeep ci sta aspettando fuori”.
Inizio
facendogli fare un giro nel cuore della città: sembra spaventato, ma
penso sia dovuto alla quantità di persone che ci sono in centro.
“Posso abbassare il finestrino? Vorrei sentire gli odori e i rumori
della città”. Non faccio in tempo a schiacciare il pulsante che è
già con la testa fuori e la lingua penzoloni. Mi sembra un cane, ma
questi sono commenti che tengo per me. Lo porto poi in campagna,
perché è arrivato il momento della dimostrazione.
“Il
pacchetto della sua visita comprende delle esperienze pratiche. Le
spiegherò brevemente cosa succederà e perché. La Terra ha molti
aspetti positivi. Uno di questi è la possibilità di domare gli
elementi naturali. L’aria è quello che ci viene meglio”.
Mi
sta ascoltando senza parlare: deve interessargli molto. Gli faccio
indossare il paracadute e nel mentre l’aeroplano ci atterra di
fianco. “Ora saliremo su questo mezzo che ci porterà in cielo, da
lì ci butteremo e torneremo giù. Non è pericoloso e ti aiuterà a
provare l’emozione della libertà, di poter volare non in una
simulazione ma nella vita vera. Ti ho fatto indossare questo oggetto,
chiamato paracadute, perché sarà quello che ci salverà aprendosi”.
Mi sembra un bambino col giocattolo nuovo. “Penso che il paracadute
sia un oggetto straordinario: lo ritengo una metafora. Il paracadute
ti salva la vita se ne hai necessità (serve a vivere se, per
esempio, sei costretto a buttarti da un aereo che sta precipitando),
ma non ti preoccupare non è il nostro caso. Serve anche nella vita,
perché lo ammetto a volte non è la Terra ad essere un pericolo
quanto le persone che ci abitano. Devi essere sempre pronto ad
azionare il paracadute per salvarti da relazioni tossiche, amicizie
false o delusioni. Ora bando alle ciance e proviamolo”.
Non
ha smesso un secondo di urlare, ma penso si sia divertito. Ripreso
dallo shock, lo porto a mangiare: se lo merita dopo la paura che si è
preso. Penso sia stata la sua prima volta.
“La
seconda esperienza non è così adrenalinica, ma ti farà provare
altrettante emozioni contrastanti. Noi Italiani siamo i migliori e
gli autentici, non ti affidare alle imitazioni”.
Lo
porto in un ristorante, che è superbo a parer mio, e ordino per
entrambi una pizza margherita, la vera pizza. “Questo piatto è
qualcosa di indescrivibile. Sappi solo che da tutto il mondo viene
acclamato e siamo riconosciuti per questo. Si chiama pizza ed è un
impasto condito. Non riuscirei a spiegartelo quindi procediamo
direttamente”.
Non
fa in tempo a dare un morso ad una fetta che già ha gli occhi a
cuoricino: “No vabbè è fantastico, sembra di mangiare il
paradiso, anche se per la verità non ci sono mai stato. Sono sicuro
che abbia questo sapore però”.
Ha
ritrovato la sua parlantina. Menomale mi stavo preoccupando. Dopo
aver finito la prima pizza ne ordina una seconda e lo trattengo a
forza dall’ordinarne una terza.
“Mi
fa piacere che ti sia piaciuta, e penso che tu abbia battuto il
record di numero di pizze mangiate in un solo pasto”. Rido e ride
anche lui: forse forse non è proprio così antipatico.
“Adesso
è arrivato il momento del film. Spero tu non ti addormenti, perché
è un pezzo d’arte. “End Game” penso sia il mio film preferito,
perché racchiude sia un insegnamento sia momenti allegri e
divertenti. Ti avviso ti farà piangere. Non voglio dirti nient’altro
però altrimenti te lo anticipo troppo”.
Dopo
quasi tre ore di film e diversi mari di lacrime finisce quello che
penso sia un capolavoro. Lui non smette di piangere.
“No!
Il tipo con l’armatura non doveva morire, e nemmeno la signorina
coi capelli rossi”.
“Ci
sono rimasta male anche io, ma l’hanno fatto perché volevano un
gran bene ai loro amici. Gli umani sono così: danno la vita se
credono in qualcosa o in qualcuno”.
Mi
guarda e si rimette a piangere. L’abbraccio e cerco di distrarlo
parlando di una cosa che mi sta particolarmente a cuore: “ Io amo
la musica e amo leggere. É bellissimo
perché ti fa viaggiare restando con i piedi per terra”. Gli faccio
vedere un libro e aggiungo: “Si intitola “Ciò che inferno non è”
di Alessandro D’Avenia.
Nel
frattempo ci siamo diretti verso una panchina in un parco.
“Questo
libro ti fa capire che l’Inferno non è un luogo letterale, ma una
condizione dentro di noi. Non preoccuparti però, questa condizione
si può contrastare facendoci entrare il paradiso, con le azioni, con
le persone. Tieni, te lo regalo. Leggilo e poi dimmi com’è”.
Devo
fermarlo perché si sta mettendo a leggerlo ora, e per quanto mi
piacerebbe dobbiamo andare avanti.
“C’è
una frase che piace particolarmente. In una canzone viene detto: “Ho
perso la ragione e la ragione sei tu”. Se ti trasferirai qui ti
rapporterai con delle persone diverse da quelle a cui sei abituato.
Potrà succedere che ti innamorerai, e come dice Salmo (il cantante),
perderai la testa. Cioè rimarrà sempre attaccata al tuo corpo, ma
la perderai perché penserai solo a lei. Se succede, rischia, non
avere paura, che poi i rimpianti sono peggio”.
Non
so se è presente col cervello o sta ancora pensando al film, ma
penso sia arrivato il concetto, lo spero.
“Per
ultimo vorrei parlarti di una canzone: penso che al momento sia la
mia preferita. Si intitola “Accetto miracoli” di Tiziano Ferro.
Parla di qualcosa che è finito ma non per colpa tua. Può succedere
sai, a volte gli umani possono essere spregevoli, perché le stesse
persone per cui moriresti, come ha fatto l’uomo con l’armatura, a
volte ti lasciano, a volte se ne vanno per qualcuno migliore di te,
ma non disperare, perché ti aiuterà. Ti aiuterà a crescere, e ad
amare di nuovo, amare più forte. Tu da parte tua, fa il possibile
per risolvere i contrasti, ma non stringere troppo la corda, perché
ti farà più male che lasciarla. Non odiare nessuno, solo evita di
stare male per chiunque”.
Mi
guarda senza proferire parola. Ci mette cinque minuti buoni per
riuscire a dirmi: “Grazie. Di tutto, davvero. Non so se mi
trasferirò qui, ma domani comincio a cercare un appartamento”.
A cura di
Arduini Electra
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AFM