Alla fine del percorso di
formazione di una persona, tra le varie opzioni, c’è la possibilità di
trasferirsi all'estero e ci possono
essere svariate ragioni dietro a questa scelta. In Italia questa via, tra i
giovani, inizia a essere presa in considerazione sempre di più, perciò questo
paese si trova in una situazione che vede gente qualificata e specializzata usufruire delle proprie competenze in
altri paesi a discapito dello stato che l’ha formato,
dunque ci si chiede se è giusto che ciò succeda e in particolare perché accada,
perciò bisogna identificare le cause, le quali sono varie. Fra queste cause ci
sono quelle controllabili, e quindi aggiustabili, e quelle fuori dal controllo
della nazione. Una persona, per esempio, decide di andare all'estero perché non
ritiene di trovare gli sbocchi lavorativi
che desidera o perché la prospettiva della carriera che potrebbe avere in un
altro paese non è paragonabile a quella offerta dall'Italia; un altro caso può essere la situazione
socioeconomica creatasi nel paese per via delle decisioni politiche prese in
passato, sfavorevoli verso i giovani d’oggi. Dall'altro lato però un individuo
decide di andare all'estero anche per
ragioni familiari. Infine ci sono casi in cui la persona stessa non si ritiene parte del paese in cui si trova, in quanto non
si ha nessun controllo su tutto ciò che riguarda il dove e quando nascere, invece sente che i suoi
valori e principi morali, ma anche
culturali si avvicinano di più a quelli di un altro paese, dunque non si sente parte della comunità in cui è cresciuto e
desidera abbandonarla, o ancora perché quel soggetto non si identifica come cittadino di una nazione, bensì cittadino del mondo perciò non
sente nessun obbligo verso il paese in cui è nato, vale a dire non ha un
pensiero o una visione nazionalista, ma cosmopolita.
Per quale motivo bisognerebbe sentirsi in debito o in obbligo di dare indietro
al luogo in cui si è nati, se tutto ciò è
fuori dal proprio controllo? Tutto ci viene imposto, non possiamo prendere una
vera e propria scelta fino al raggiungimento della maggiore età, non si può specificare se si vuole essere formati da quello stato, anche perché quando
si è bambini non si ha una concreta visione del mondo o una idea sensata di
quello a cui si ambisce. Tutto quello che viene speso nella formazione di una
persona è oltre la sua completa comprensione, in quanto occorre ricordarsi che si tratta di formare
persone che non sono ancora capaci di intendere e volere, inoltre è
obbligatorio impegnare tale spesa e ovviamente è impossibile poter sapere, prima di istruire qualcuno, se quel soggetto andrà sicuramente all'estero o
meno, perlopiù oggigiorno è più facile che mai scoprire altre nazioni e la vita
che esse possono offrire, anche gli spostamenti sono più facilitati almeno nei
territori dove ci sono accordi, e la maggioranza degli Stati sviluppati sono
democratici quindi sì è liberi di fare queste scelte. Perciò non si può proprio
contenere del tutto le emigrazioni e le uscite di denaro. Dunque, quello che lo
stato può fare è riparare quelle cose su cui ha effettivamente controllo, come per esempio investire di più sui giovani,
nonostante siano la minoranza della popolazione italiana, proporre incentivi
alle aziende per assumerli o perlomeno
garantire una stabilità e correttezza maggiore sui contratti di lavoro. Sono
misure difficili da adottare per l’Italia a causa del debito pubblico e per via
di altre problematiche che il paese deve affrontare. Sicuramente se la nazione
potesse dimostrare di essere in grado di offrire un futuro plausibile ai
giovani le emigrazioni calerebbero, dopotutto l’Italia è un paese orgoglioso, e
sia lo stato sia i cittadini ne vedrebbero i benefici.
A cura di Moustapha Barry, V A RIM
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