LE "NOSTRE" LETTURE .... IL CALZOLAIO DI VIGEVANO
Il calzolaio di Vigevano è stato scritto da Lucio
Mastronardi, autore vigevanese nato nel 1930, che inizialmente insegna presso
le scuole della zona e che scrive ben tre romanzi incentrati sulla città di
Vigevano. Mastronardi ha una vita problematica, è un personaggio controverso e
non molto amato dai vigevanesi, con cui ha un rapporto di amore e odio. Egli si
ispira a Giovanni Verga e come lui vuole rappresentare un “mondo in piccolo”,
quello degli scarpari.
Scrive la trilogia “Gente di Vigevano” che comprende oltre a
“Il calzolaio di Vigevano”, anche “Il maestro di Vigevano” e “Il meridionale di
Vigevano”, pubblicati a pochi anni di distanza l’uno dall’altro. Riscuotono
subito un notevole successo, dovuto anche all’uscita del film con Alberto
Sordi, ma allo stesso tempo suscitano molte polemiche. Inoltre, nonostante
questo successo, Mastronardi è un autore importante ma dimenticato e questo è
definito dai critici contemporanei un “ingiusto oblio”.
“Il calzolaio di Vigevano” viene pubblicato come libro, a
seguito dell’esito avuto dopo la pubblicazione nella rivista nazionale , “il
Menabò”, diretta da Calvino.
Il romanzo è composto da tanti capitoli molto brevi, in
tutto 29, in cui lui utilizza uno stile frenetico e anche frasi in
dialetto, “detti popolari”, come fanno
altri autori come Pasolini nei “Ragazzi della vita” e Gadda in “Quel
pasticciaccio brutto di via Merulana”, entrambi in dialetto romano. L’impiego
di questi dialetti è dovuto alla volontà dell’autore di voler far entrare il
lettore all’interno della società e della realtà che descrive, difatti questi
dialetti hanno una funzione prevalentemente sociale. Lui descrive molti
personaggi: è un “microcosmo”, dove l’autore non parla solo del protagonista,
Mario Sala detto il Micca, ma di tutta la società del tempo in cui incombono
invidia e critica, una società dove tutti sanno tutto di tutti e cercano di
“fregarsi” a vicenda. Questo si può definire uno dei motivi del rapporto di
amore e odio e di conflittualità che ha Mastronardi con i vigevanesi che
possiamo definire acquirenti, in quanto comprano e leggono i suoi romanzi e
bersagli, in quanto i soggetti che vengono raccontati sono riconoscibili,
nonostante l’utilizzo di nomi inventati da parte dell’autore.
Nei lettori di oggi questo romanzo suscita “pietas”, pietà
dovuta all’ossessione dei personaggi per determinate cose.
“Il calzolaio di Vigevano” racconta di Mario Sala, il
“Micca”, il protagonista che proviene da una famiglia di scarpari. Nella
Vigevano del tempo, Padroni come Bertelli e Padron Bisio possedevano diverse
fabbriche, a differenza del Micca che non ne possedeva nessuna. Egli avrebbe
voluto lavorare in proprio o diventare socio di un altro ricco vigevanese,
Pelagatta. Sua moglie Luisa era contraria ma, nonostante questo, aiutava sempre
in casa il marito a produrre scarpe. Micca e Pelagatta poi diventarono soci.
In seguito Sala è costretto a partire per la guerra e
incarica la moglie di occuparsi di tutto: il suo pensiero principale era la sua
attività di produzione di scarpe.
Nel mentre, Luisa si dissocia da Pelagatta e inizia a
lavorare con Padron Netto di cui diventa amante. Tutti ne sono a conoscenza, ma
tra pettegolezzi e altro, nessuno dice nulla a Mario, che scrive ripetutamente
lettere alla moglie senza ricevere risposta. Nel frattempo la guerra incombe
nella città di Vigevano e nelle zone vicine, provocando diverse vittime, tra
cui Padron Netto. Mario torna dalla guerra, consapevole di tutto, ma non si
preoccupa tanto della moglie quanto delle sue scarpe perché crede di aver perso
tempo: ricomincia immediatamente a lavorare.
In tutto questo clima “negativo”, padroni come Bertelli sono
sul lastrico mentre Sala da imprenditore diventa operaio, il più capace nel
campo in quanto la sua forza di volontà lo fa eccellere all’interno della sua
società.
All’interno del romanzo il pensiero che predomina è quello
di “fare danè”, cioè far soldi. È una società dove tutti si vogliono arricchire
e vogliono essere superiori agli altri, e uno dei temi principali trattati da
Mastronardi è proprio il lavoro; tutti hanno voglia di lavorare, impegnarsi e
cercare lavoro.
Per quanto riguarda i personaggi, il protagonista è Mario
Sala, l’unico di cui l’autore fa una breve descrizione, mentre gli altri li
inserisce con il nomignolo o il cognome senza presentarli. Micca è “piccoletto,
tozzo, con le orecchie a bandiera e gli occhi che si illuminano appena sente
parlare di lavoro e denaro; è un personaggio che come gli altri ha voglia di
fare soldi ma è più ossessionato dal suo lavoro e dal farsi notare dagli altri
per le sue abilità. Altro personaggio particolare è Luisa, moglie di Mario,
donna triste e stremata dalla vita, obbligata a lavorare anche di notte pur di
aiutare e accontentare il marito. Lei invidia le mogli degli altri, le loro
capacità e il loro stile di vita.
Si distinguono dalla massa di personaggi con le stesse
intenzioni i Matta, una famiglia benestante che voleva andare in America perché
sosteneva che lì la vita fosse migliore, ma soprattutto perché non c’era la
guerra.
Alla fine del romanzo partirono per l’America, lasciando il
loro gatto ai Sala in quanto non potevano portarselo dietro. Per loro questo
gatto era un’ossessione, doveva essere lavato con acqua ne’ calda ne’ fredda,
doveva mangiare carne di pollo, non bisognava fargli finire lo shampoo negli
occhi e soprattutto volevano molte foto in bianco e nero. Per me questo
simboleggia il fatto che essendo già benestanti, avevano gusti eccentrici e non
si preoccupavano dei soldi o del lavoro come il resto dei cittadini.
Questo romanzo mi ha fatto notare la differenza tra lo stile
di vita di oggi e quello di un tempo. Fa capire quanto le persone fossero
bisognose e facessero di tutto pur di ottenere ciò che volevano, come se
dessero la priorità al farsi notare e al “risaltare” di fronte agli occhi degli
altri.
Vedendo Sala, per esempio, mi ha colpito che lui preferisce
il pensiero degli altri piuttosto che quello della moglie. Credo sia per questo
che in noi lettori della nuova generazione susciti “pietas”, in quanto
notiamo la povertà d’animo dei personaggi che viene in qualche modo giustificata da un passato di miserie.
Tema svolto da Eleonora Frigerio, IV C tur