8 MARZO... MA ANCHE 9, 10, E...
SEMPRE !
La
festa della donna è stata istituita per ricordare delle operaie newyorkesi
morte in un incendio nel 1909. La festa della donna è diventata il simbolo di
tutte le lotte attuate dalle donne per rivendicare la propria libertà ed
uguaglianza. La festa della donna, per noi da oggi è collegata ad un nuovo
nome: Franca Viola.
Le
classi IC, IIC, e IIIA tur sono reduci da una mattina di riflessioni sulla
questione femminile, su Franca Viola (l’ex diciassettenne di Alcamo grazie alla
quale in Italia è stata fatta la legge contro il “matrimonio riparatore”
purtroppo solo nel vicinissimo 1981), e sul mondo del teatro, con tre donne in
gamba, durante la quale hanno assistito anche ad uno studio sullo spettacolo
che si intitola appunto “No. Storia di Franca Viola”. (Per maggiori dettagli
sul testo dello spettacolo, potete consultare la pagina fb Lattoria progetto
teatrale).
FRANCA VIOLA adolescente (foto da Google immagini)
Questo
il risultato dell’intervista realizzata da Gian Maria, Lorenzo, Vincenzo e
Nicolò (per la festa della donna abbiamo lasciato lavorare i “maschietti”) e
rielaborata con la collaborazione delle compagne della IC tur
Intervista a Valentina Cova
(fondatrice di Scarpanò, teatro e metodi attivi), Alessia Gennari (regista) e
Sara Urban (attrice)
G.M. - Che cosa vi ha spinto
a fare questo lavoro?
Alessia: Nei giorni seguenti la morte di Franca Rame
(moglie di Dario Fo, n.d.r.) lessi per la prima volta un articolo su Franca Viola, e rimasi
sconvolta dal fatto che l’articolo 544 (quello che permetteva il cosiddetto
“matrimonio riparatore” ed evitava il carcere ai responsabili di stupro qualora
sposassero la loro vittima, n.d.r.) fu
abolito solo nel 1981, tra l’altro anno di nascita di Sara (che in scena
interpreta appunto il ruolo di Franca Viola, n.d.r.). Franca non era un
personaggio famoso e ho fatto qualche ricerca su di lei. [...] Così insieme a
Sara Urban, e anche grazie all’aiuto dell’autrice Chiara Boscaro, abbiamo deciso di far conoscere la sua storia
agli studenti. Lo spettacolo è stato distribuito a diverse scuole, anche grazie
al contributo della Fondazione Piacenza e Vigevano.
L. - Perché avete deciso di
aprire uno spazio teatrale proprio a Vigevano, invece che in una grande città
tipo Milano?
Valentina: Quando io e Francesco, il mio compagno,
abbiamo iniziato questo percorso (dopo l’esperienza presso Teatro Continuo a
Padova) volevamo una famiglia, e così abbiamo deciso lavorare a Vigevano per riavvicinarci ai nonni più “abili”, in
quanto fare un lavoro senza orari prefissati, come lo è il nostro, rende ancora
più difficile fare il genitore. Non è stato semplice, e ci siamo riusciti anche
grazie anche a finanziamenti privati. [...] E poi ci sembrava che Vigevano avesse più
bisogno di teatro.
G.M. - Come vi siete conosciute?
Valentina:
Nel 2009 ero incinta, ed a letto con la polmonite, e ricevo la chiamata di
Alessia che mi propone di fare uno spettacolo “L’isola degli schiavi”: ho
dovuto rifiutare. Da li però abbiamo tenuto i contatti, fino al 2012...
Alessia:
Io e Sara ci siamo conosciute in treno durante un viaggio; Sara era già
un’attrice e io volevo diventare una regista, e così le ho fatto un sacco di
domande. [...] In seguito
abbiamo deciso di fondare una compagnia chiamata Lattoria, il cui primo
spettacolo è stato proprio “ L’isola degli schiavi”. Quando hanno aperto lo
spazio di Scarpanò abbiamo iniziato a lavorare insieme.
L.
- Perché il nome Scarpanò?
Valentina:
Abbiamo scelto questo nome perché qui prima c’era una fabbrica di scarpe; i
primi tempi ci venivano a citofonare in continuazione chiedendoci se facevamo
le scarpe. Nessuno credeva ad uno spazio teatrale a Vigevano. [...] Un altro motivo
è che lavoriamo a piedi nudi per avere più libertà di movimento, e perché per
un attore il corpo è molto importante. E poi anche per l’assonanza col nome del
personaggio di Zampanò, dal film “la Strada” di Federico Fellini.
G.M. – A cosa state
lavorando?
Alessia:
abbiamo diversi progetti, e non sempre lavoriamo insieme. Proprio l’8 marzo
porteremo in scena al planetario di Torino con uno spettacolo sulla teoria
della relatività e la storia d’amore e di connubio professionale fra il celebre
fisico Albert Einstein e Mileva Maric.
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