martedì 23 febbraio 2016

Binario 21 - II c tur

A Milano, un luogo per ricordarsi di ricordare.

Perché un memoriale? Perchè la memoria?
Perché ricordare?
La memoria autentica scongiura la formazione di un vuoto alle nostre spalle. Attenua quella comprensibile tendenza alla rimozione del passato che toglie gradatamente senso agli avvenimenti, spingendoli nel pozzo della storia fino a confonderli con tanti altri.
Il ricordo è un esercizio salutare: apre la mente e i cuori, ci fa guardare all’attualità con meno pregiudizi e minori ambiguità.
Il ricordo è protezione delle suggestioni ideologiche, dalle ondate di odio e sospetti.
La memoria è il vaccino culturale che ci rende immuni dai batteri dell’antisemitismo e del razzismo.
Chi ha conoscenza critica della storia trova più facilmente il buon senso e la saggezza della quotidianità; non fatica a comprendere o ad accettare chi ha etnia o religione diversa dalla sua. Chi ha buona memoria è un cittadino migliore.
Ferruccio de Bortoli
Presidente
Fondazione Memoriale della Shoah di Milano ONLUS


Che cos’è
Il Memoriale della Shoah di Milano (Binario 21) sorge in un’area della Stazione Centrale situata al di sotto dei binari ferroviari ordinari. L’area era originariamente adibita al carico e scarico dei vagoni postali e aveva accesso diretto a Via Ferrante Aporti. Tra il 1943 e il 1945 questo fu il luogo in cui centinaia di deportati furono caricati su vagoni merci, che venivano sollevati tramite un elevatore e trasportati così al sovrastante piano dei binari. Una volta posizionati alla banchina di partenza, venivano agganciati ai convogli diretti ai campi di concentramento e sterminio (Auschwitz-Birkenau, Bergen Belsen) o ai campi italiani di raccolta come quelli di Fossoli e Bolzano.
Dagli stessi binari partirono anche numerosi deportati politici, destinati al campo di concentramento di Mauthausen o ai campi italiani.
Uno spazio per favorire la convivenza civile
Il progetto nasce con l’obiettivo di realizzare – nello stesso luogo in cui ebbe inizio a Milano l’orrore della Shoah – uno spazio che non solo "ricordi di ricordare", rendendo omaggio alle vittime dello sterminio, ma che rappresenti un luogo per costruire il futuro e favorire la convivenza civile.
Il Memoriale vuole essere, infatti, un luogo di studio, ricerca e confronto: un memoriale per chi c’era, per chi c’è ora ma soprattutto per chi verrà.
Il progetto del Memoriale, realizzato dallo Studio Morpurgo de Curtis Architetti Associati, si estende su una superficie di circa 7.000 mq e si sviluppa su due piani, piano terreno e piano interrato. È caratterizzato dal totale rispetto della morfologia originaria dell’area, al fine di mantenere la specificità dell’identità del sito di deportazione. Si tratta di un sistema di spazi integrati in sequenza che disegnano un percorso tematico: dal “Muro dell’Indifferenza”, che accoglie i visitatori all’ingresso, alla "Sala delle testimonianze", dedicata alle voci dei sopravvissuti, fino al "cuore" del Memoriale: il "Binario della Destinazione Ignota" e il "Muro dei Nomi", dove sono ricordati i nomi di tutte le persone deportate dal Binario 21.



Riflessioni, immagini e ricordi dei ragazzi di II c turistico

“Il giorno 3 di febbraio, in una mattinata uggiosa che invitava a pensieri cupi, ci siamo recati al Memoriale della SHOA di Milano; la vistita ha avuto inizio di fronte al “Muro dell’Indifferenza” voluto da Liliana Segre. La sua storia ha fatto poi da filo conduttore all’intero percorso: lei che, nel gennaio del 1944, all’età di tredici anni viene deportata nel campo di stermini di Auschwitz, dove rimarrà fino al 27 gennaio del 1945. Abbiamo visto il treno che portava migliaia di ebrei verso i campi di sterminio o di lavoro: in ogni vagone stavano stipate dalle 40 alle 80 persone. Sul pavimento del Binario c’erano i nomi dei paesi dove si fermava  il treno e sul muro alle spalle del binario vi erano tutti i nomi dei 605 ebrei italiani deportati, di cui solo 22 sono sopravvissuti; tra di essi Liliana Segre e Primo Levi. Alla fine della visita siamo entrati nello spazio circolare della Riflessione, al cui interno, nell’oscurità, si staglia un raggio di luce obliquo che indica Gerusalemme, la città santa per il popolo ebraico.”





“Mi ha colpito molto il Muro dell’Indifferenza: esso reca scolpita a chiare lettere l’indifferenza dei comuni cittadini davanti all’odio dei tedeschi verso gli ebrei. La parola “indifferenza” urta i sentimenti di una persona, fose più dell’odio. Per noi adolescenti  è peggio di un’ aperta ostilità.”
  




“L’uscita è stata davvero significativa, ci ha fatto capire che nessuno deve essere o sentirsi diverso. Mi hanno colpito molte cose ad esempio il treno, il muro dell’indifferenza e le storie che ci sono state raccontate dalla guida. Salire sul treno è stato davvero molto pesante soprattutto perché sapevo che in quel vagone c’erano state persone che stavano andando incontro alla morte. Il muro dell’indifferenza mi ha colpito perché non  capisco come le persone abbiano fatto a fare finta di niente davanti a tutto quello che stava succedendo.  Le storie mi hanno colpito per il coraggio che hanno avuto e che hanno tutt’ora  i deportati a raccontare ciò che hanno vissuto. Non capisco come le persone siano riuscite a fare questa strage e a continuare a stare bene con loro stessi”


 
 
“Sono rimasta particolarmente colpita quando siamo entrati su un binario del treno, ho percepito una strana sensazione, come se mi fosse mancata l’aria. Mi fa molto disprezzo pensare che più di 80 persone erano costrette a stare in condizioni del genere; nessuna persona merita di essere trattata in questo modo e spero che episodi  simili non capitino mai più.”


 “E’ stata un bella esperienza, da rifare assolutamente. La cosa che ci ha colpito di più è stata la visita del treno che deportava migliaia di persone (soprattutto ebrei), che dal binario 21 a Milano venivano trasportate verso numerosi campi di concentramento o di lavoro: il campo di concentramento più utilizzato era quello di Auschwitz.  Normalmente in uno di quei vagoni venivano trasportati dalle 60 alle 80 persone.”




“Mi ha colpito particolarmente il treno: esserci salita sopra immaginandomi con una sessantina di persone in un viaggio di una settimana mi ha dato i brividi; quel “vietato trasportare persone”, poiché gli ebrei erano considerati merci, mi ha dato un  senso di disgusto: ma come fai a definirili “merce”? Francamente non riuscirei mai a paragonare qualcuno alla merce, indipendentemente dall’etnia e dalla religione. Penso che non esista cosa peggiore di non essere riconosciuto come umano, di essere privato di qualsiasi diritto, specie del diritto di istruzione: ma come fai a spiegare ad un bambino che non portà più andare a scuola e non avrà più amici perché è diverso?”



“E stata un’esperienza molto toccante e mi ha fatto ragionare su quanto siamo fortunati noi giovani d’oggi a godere dei diritti e della libertà. Sicuramente il momento che più mi ha lasciato senza fiato è stato salire sul vagone originale del treno merci dove venivano caricati gli ebrei. Ho provato ad immedesimarmi in quelle persone, immaginando il loro terrore e la loro tristezza; l’atmosfera era molto cupa e mancava il respiro. Un altro momento toccante è stato vedere tutti i nomi degli ebrei deportati e pensare che tutte quelle persone sono morte ingiustamente, senza un valido motivo.”



 
Della gita al Memoriale della Shoah mi ha colpito ciò che era
successo in passato, ciò che ha  portato all’olocausto e soprattutto il vagone perché salirci è stato davvero malinconico. Io fortunatamente non ho vissuto la guerra, ma credo sia qualcosa di terribile, di inspiegabile e questo l’ho capito dai “racconti” della guida a Milano, in particolare da quello di Liliana Segre. Sono molto contenta che questa signora abbia voluto condividere con le generazioni future questa terribile esperienza, in modo tale da darci la possibilità di sapere e capire ciò che è stato.”








 Di questa visita, ci ha colpito molto la storia di Liliana Segre, soprattutto il fatto che si è dovuta separare dalla famiglia per il fatto di essere ebrea: per una ragazza di 13 anni deve essere stato molto difficile affrontare questa situazione, perché ha vissuto da sola un’esperienza disumana e, benché sia sopravvissuta, si porterà dentro questa sofferenza per sempre.”

Per ripercorrere la storia della piccola Liliana, dalle iniziali discriminazioni, al tentativo di fuga in Svizzera, al carcere e alla deportazione, potete consultare questo sito.



Per una visita virtuale al Memoriale, in occasione del 70esimo anniversario del viaggio di Liliana Segre (30 gennaio 1944-30 gennaio 2014), vi invitiamo a vedere questo video.



NOI NON DIMENTICHIAMO



Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.