Perché un memoriale?
Perchè la memoria?
Perché ricordare?
Perché ricordare?
La memoria autentica scongiura la formazione di un vuoto
alle nostre spalle. Attenua quella comprensibile tendenza alla rimozione del
passato che toglie gradatamente senso agli avvenimenti, spingendoli nel pozzo
della storia fino a confonderli con tanti altri.
Il ricordo è un esercizio salutare: apre la mente e i cuori,
ci fa guardare all’attualità con meno pregiudizi e minori ambiguità.
Il ricordo è protezione delle suggestioni ideologiche, dalle
ondate di odio e sospetti.
La memoria è il vaccino culturale che ci rende immuni dai
batteri dell’antisemitismo e del razzismo.
Chi ha conoscenza critica della storia trova più facilmente il buon senso e la saggezza della quotidianità; non fatica a comprendere o ad accettare chi ha etnia o religione diversa dalla sua. Chi ha buona memoria è un cittadino migliore.
Chi ha conoscenza critica della storia trova più facilmente il buon senso e la saggezza della quotidianità; non fatica a comprendere o ad accettare chi ha etnia o religione diversa dalla sua. Chi ha buona memoria è un cittadino migliore.
Ferruccio de Bortoli
Presidente
Fondazione Memoriale della Shoah di Milano ONLUS
Fondazione Memoriale della Shoah di Milano ONLUS
Che cos’è
Il Memoriale della
Shoah di Milano (Binario 21) sorge in un’area della Stazione Centrale situata
al di sotto dei binari ferroviari ordinari. L’area era originariamente adibita
al carico e scarico dei vagoni postali e aveva accesso diretto a Via Ferrante Aporti.
Tra il 1943 e il 1945 questo fu il luogo in cui centinaia di deportati furono
caricati su vagoni merci, che venivano sollevati tramite un elevatore e
trasportati così al sovrastante piano dei binari. Una volta posizionati alla
banchina di partenza, venivano agganciati ai convogli diretti ai campi di
concentramento e sterminio (Auschwitz-Birkenau, Bergen Belsen) o ai campi
italiani di raccolta come quelli di Fossoli e Bolzano.
Dagli stessi binari partirono anche numerosi deportati politici, destinati al campo di concentramento di Mauthausen o ai campi italiani.
Dagli stessi binari partirono anche numerosi deportati politici, destinati al campo di concentramento di Mauthausen o ai campi italiani.
Uno spazio per
favorire la convivenza civile
Il progetto nasce con
l’obiettivo di realizzare – nello stesso luogo in cui ebbe inizio a Milano
l’orrore della Shoah – uno spazio che non solo "ricordi di
ricordare", rendendo omaggio alle vittime dello sterminio, ma che
rappresenti un luogo per costruire il futuro e favorire la convivenza civile.
Il Memoriale vuole essere, infatti, un luogo di studio, ricerca e confronto: un memoriale per chi c’era, per chi c’è ora ma soprattutto per chi verrà.
Il Memoriale vuole essere, infatti, un luogo di studio, ricerca e confronto: un memoriale per chi c’era, per chi c’è ora ma soprattutto per chi verrà.
Il progetto del Memoriale,
realizzato dallo Studio Morpurgo de Curtis Architetti Associati, si estende su
una superficie di circa 7.000 mq e si sviluppa su due piani, piano
terreno e piano interrato. È caratterizzato dal totale rispetto della
morfologia originaria dell’area, al fine di mantenere la specificità
dell’identità del sito di deportazione. Si tratta di un sistema di spazi
integrati in sequenza che disegnano un percorso tematico: dal “Muro dell’Indifferenza”, che accoglie
i visitatori all’ingresso, alla "Sala delle testimonianze",
dedicata alle voci dei sopravvissuti, fino al "cuore" del Memoriale:
il "Binario della Destinazione Ignota" e il "Muro dei
Nomi", dove sono ricordati i nomi di tutte le persone deportate dal Binario 21.
Riflessioni, immagini e ricordi dei ragazzi di II c
turistico
“Il giorno 3 di febbraio, in una mattinata uggiosa che
invitava a pensieri cupi, ci siamo recati al Memoriale della SHOA di Milano; la
vistita ha avuto inizio di fronte al “Muro dell’Indifferenza” voluto da Liliana
Segre. La sua storia ha fatto poi da filo conduttore all’intero percorso: lei
che, nel gennaio del 1944, all’età di tredici anni viene deportata nel campo di
stermini di Auschwitz, dove rimarrà fino al 27 gennaio del 1945. Abbiamo visto
il treno che portava migliaia di ebrei verso i campi di sterminio o di lavoro:
in ogni vagone stavano stipate dalle 40 alle 80 persone. Sul pavimento del
Binario c’erano i nomi dei paesi dove si fermava il treno e sul muro alle spalle del binario
vi erano tutti i nomi dei 605 ebrei italiani deportati, di cui solo 22 sono
sopravvissuti; tra di essi Liliana Segre e Primo Levi. Alla fine della visita
siamo entrati nello spazio circolare della Riflessione, al cui interno, nell’oscurità,
si staglia un raggio di luce obliquo che indica Gerusalemme, la città santa per
il popolo ebraico.”
“Mi ha colpito molto il Muro dell’Indifferenza: esso reca
scolpita a chiare lettere l’indifferenza dei comuni cittadini davanti all’odio
dei tedeschi verso gli ebrei. La parola “indifferenza” urta i sentimenti di una
persona, fose più dell’odio. Per noi adolescenti è peggio di un’ aperta ostilità.”
“L’uscita è stata davvero significativa, ci ha fatto capire
che nessuno deve essere o sentirsi diverso. Mi hanno colpito molte cose ad
esempio il treno, il muro dell’indifferenza e le storie che ci sono state
raccontate dalla guida. Salire sul treno è stato davvero molto pesante
soprattutto perché sapevo che in quel vagone c’erano state persone che stavano
andando incontro alla morte. Il muro dell’indifferenza mi ha colpito perché
non capisco come le persone abbiano
fatto a fare finta di niente davanti a tutto quello che stava succedendo. Le storie mi hanno colpito per il coraggio
che hanno avuto e che hanno tutt’ora i
deportati a raccontare ciò che hanno vissuto. Non capisco come le persone siano
riuscite a fare questa strage e a continuare a stare bene con loro stessi”
“Sono
rimasta particolarmente colpita quando siamo entrati su un binario del treno,
ho percepito una strana sensazione, come se mi fosse mancata l’aria. Mi fa
molto disprezzo pensare che più di 80 persone erano costrette a stare in
condizioni del genere; nessuna persona merita di essere trattata in questo modo
e spero che episodi simili non capitino
mai più.”
“E’ stata un bella
esperienza, da rifare assolutamente. La cosa che ci ha colpito di più è stata
la visita del treno che deportava migliaia di persone (soprattutto ebrei), che
dal binario 21 a Milano venivano trasportate verso numerosi campi di concentramento
o di lavoro: il campo di concentramento più utilizzato era quello di
Auschwitz. Normalmente in uno di quei
vagoni venivano trasportati dalle 60 alle 80 persone.”
“Mi ha colpito particolarmente il treno: esserci salita sopra
immaginandomi con una sessantina di persone in un viaggio di una settimana mi
ha dato i brividi; quel “vietato trasportare persone”, poiché gli ebrei erano
considerati merci, mi ha dato un senso
di disgusto: ma come fai a definirili “merce”? Francamente non riuscirei mai a
paragonare qualcuno alla merce, indipendentemente dall’etnia e dalla religione.
Penso che non esista cosa peggiore di non essere riconosciuto come umano, di
essere privato di qualsiasi diritto, specie del diritto di istruzione: ma come
fai a spiegare ad un bambino che non portà più andare a scuola e non avrà più
amici perché è diverso?”
“E stata un’esperienza molto toccante e mi ha fatto ragionare
su quanto siamo fortunati noi giovani d’oggi a godere dei diritti e della
libertà. Sicuramente il momento che più mi ha lasciato senza fiato è stato
salire sul vagone originale del treno merci dove venivano caricati gli ebrei.
Ho provato ad immedesimarmi in quelle persone, immaginando il loro terrore e la
loro tristezza; l’atmosfera era molto cupa e mancava il respiro. Un altro
momento toccante è stato vedere tutti i nomi degli ebrei deportati e pensare
che tutte quelle persone sono morte ingiustamente, senza un valido motivo.”
successo in passato, ciò che ha portato all’olocausto e soprattutto il
vagone perché salirci è stato davvero malinconico. Io fortunatamente non ho
vissuto la guerra, ma credo sia qualcosa di terribile, di inspiegabile e questo
l’ho capito dai “racconti” della guida a Milano, in particolare da quello di
Liliana Segre. Sono molto contenta che questa signora abbia voluto condividere
con le generazioni future questa terribile esperienza, in modo tale da darci la
possibilità di sapere e capire ciò che è stato.”
“Di questa visita, ci ha colpito molto la storia di Liliana Segre,
soprattutto il fatto che si è dovuta separare dalla famiglia per il fatto di
essere ebrea: per una ragazza di 13 anni deve essere stato molto difficile
affrontare questa situazione, perché ha vissuto da sola un’esperienza disumana
e, benché sia sopravvissuta, si porterà dentro questa sofferenza per sempre.”
Per ripercorrere la
storia della piccola Liliana, dalle iniziali discriminazioni, al tentativo di
fuga in Svizzera, al carcere e alla deportazione, potete consultare questo
sito.
Per una visita
virtuale al Memoriale, in occasione del 70esimo anniversario del viaggio di
Liliana Segre (30 gennaio 1944-30 gennaio 2014), vi invitiamo a vedere questo
video.
NOI NON DIMENTICHIAMO
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.